Giovanni Baiardo, ovvero “sono sempre i sogni a fare la realtà”

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Disse un certo Walt Disney: “credi nei tuoi sogni, non importa quanto possano sembrare impossibili”.
Giovanni Baiardo è uno che ai suoi sogni ha creduto eccome, li ha coltivati, cresciuti, trasformati in sogni ad occhi aperti fino ad arrivare alla consapevolezza che a volte la realtà può essere migliore di qualsiasi sogno.
In mezzo tanto lavoro, tanta passione e tanta umiltà negli occhi di questo ventinovenne così tenace e testardo quanto entusiasta e disincantato.

Giovanni con mamma Luciana ed il fratello Alberto

Giovanni nasce a Genova da mamma Luciana e papà Marco “ex giocatore di basket, ma la mia è una città di calcio ed io volevo fare calcio, punto e basta. Provo il basket spinto da mia mamma perché, e lei lo negherà sempre, essendo uno sport al chiuso secondo lei correvo meno rischi di ammalarmi; al primo allenamento resto folgorato, mi innamoro subito e quindi addio velleità calciofile, mi butto a capofitto nel mondo cestistico”.

“Come giocatore non ero un granchè, ho sempre avuto la predisposizione ad allenare, in spogliatoio ero uno dei pochi che ascoltava sempre effettivamente ciò che diceva il coach e mi piaceva dare consigli ai compagni; a 14 anni ho iniziato a dare una mano con il minibasket, attività che ho portato avanti parallelamente a quella di giocatore fino ai 18/19 anni quando mi sono reso conto che continuare da giocatore… ecco, non era proprio il caso”!

Un giovanissimo Baiardo allenatore al CAP Genova

Inizia così ufficialmente la carriera di coach per Giovanni, che parte come istruttore minibasket ed entra a far parte della realtà del CAP Genova, “una società con un progetto importante che inglobava 3/4 squadre del territorio. A capo di tutto c’era Enrico Rocco, un allenatore di punta del settore giovanile, che venne a Genova per creare appunto un progetto e diffondere una cultura cestistica di un certo tipo; ho avuto la fortuna di crescere sotto la sua ala, lui mi ha trasmesso un modo di vedere il basket che prima non avevo ed ha creato in me la sana ambizione di poterci provare. Accanto a lui metto Michele Innocenti, che è stato il mio primo capo allenatore quando avevo 19 anni, mi ha insegnato le basi da allenatore, come stare in campo, come affrontare il ruolo… gli devo davvero molto”.

Con il CAP Genova nel 2014

Il seme è dunque piantato, i germogli crescono e l’avventura con il CAP dura dall’Under13 all’Under17; un bel giorno, quando Gio ha 22 anni, la squadra di suo fratello Alberto partecipa al Memorial Mario Delle Cave, in casa della Stella Azzurra Roma e la sua famiglia rimane molto colpita dall’ambiente e dall’atmosfera che si respirava.

“Cominciai a seguire l’attività della Stella, che era un embrione di ciò che è ora ma era già comunque una realtà importante; apprezzavo tutto di quella società, che mischiava le due culture cestistiche che amo di più, quella serba, improntata sul lavoro, e quella americana, improntata sulla capacità di vendere il prodotto. Un giorno noto un post su Facebook con cui cercano allenatori del posto per fare esperienza; non ci penso due volte e mando una mail chiedendo se possono interessare anche allenatori che vengono da fuori città, ‘la cestineranno subito’ pensavo, ma almeno ci avevo provato”.

La Fortitudo Roma di C Gold: in piedi, con il numero 34, David Hawkins

Invece no, la risposta arriva ed anche relativamente rapida, sono interessati ed il rendez-vous è fissato per Gennaio 2014, una data che diventerà una pietra angolare nella vita di Giovanni: “appena entrato in quel palazzetto resto completamente folgorato. Quello è un tempio, gli uffici danno direttamente sul campo quindi tu puoi lavorare sentendo il rumore del pallone sul parquet, è qualcosa di magico… cammini e trovi la ‘wall of fame’, il muro su cui sono appesa tutte le canotte dei campioni passati da lì, tra cui un certo Pippo Ricci che qui a Cremona conosciamo bene”.

Giovanni inserito nello staff della Stella Azzurra

Quello che ha lasciato la Stella nel cuore di Gio è difficilmente spiegabile a parole: è tutto racchiuso nell’espressione sognante, nel modo di gesticolare mentre parla, ricordando attimi, volti, conversazioni ma soprattutto emozioni.

“Mi accolgono Alessandro Nocera, uno dei responsabili dell’epoca dell’academy ed il direttore sportivo Giacomo Rossi cui, tra le varie cose, dissi di sapere bene l’inglese e di essere in grado di allenare in quella lingua; torno il giorno dopo, assisto ad un allenamento di un gruppo di ragazzi tra cui Davide Moretti ed Amar Alibegovic e già mi sento come al parco giochi, mi affidano tre ragazzi norvegesi per un’ora di allenamento individuale, ovviamente in inglese. Al termine della seduta ci diamo appuntamento per il camp estivo; dopo una settimana di quel camp mi congedarono con un ‘bene, ci vediamo a fine agosto per iniziare’.
Mi avevano preso. Ero un allenatore della Stella Azzurra Roma, avevo appena realizzato un sogno ed ero positivamente sconvolto”
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European Youth Basketball League - Riga 2017

Agosto 2014, l’inizio ufficiale dell’avventura stellina, quell’avventura che implicava lasciare Genova, la famiglia, gli amici ma che allo stesso tempo significava dare un seguito a ciò che gli aveva insegnato Enrico Rocco: la sana ambizione di poterci provare.

“Tra le mani ho avuto giocatori di un livello che forse non vedrò mai più: Njegos Sikiras, che oggi è protagonista nella ACB spagnola, Paul Eboua, oggi a Pesaro e secondo me tra i 20 migliori prospetti NBA il prossimo anno, George Pazin, guardia prossima a diventare una delle stelle del Partizan Belgrado, Abramo Canka, ragazzo di Genova ora in A2 a Roseto che secondo me avrà una carriera luminosa davanti e poi ovviamente Matteo Spagnolo, per me un pezzo di cuore, il ragazzo più forte e più straordinario che io abbia mai conosciuto, il miglior talento italiano degli ultimi 15 anni, uno per cui la nazionale ed il movimento tutto saranno grati per tanti tanti anni”.

Una fase di gioco, in maglia numero 13 si riconosce Matteo Spagnolo

“Tra gli allenatori cito Alessandro Nocera, Michele Catalani, Lorenzo Gandolfi, Paolo Traino, vero mentore per me, ed ovviamente Germano D’Arcangeli che io considero un rivoluzionario della pallacanestro giovanile. Quando hai la possibilità di lavorare con una base di talento come quella che c’era lì dentro, inevitabilmente migliori anche tu come allenatore e come persona”.

Scudetto Under 15 - Porto San Giorgio 2017

Un quadriennio pazzesco quello vissuto da Baiardo a Roma, una palestra di vita per lui fondamentale “penso che la Stella sia un sistema molto radicato a livello di cultura del lavoro e questo facilita la vita agli allenatori; entri e trovi 40 ragazzi che sono pronti al sacrificio senza scuse né alibi, pronti a farsi allenare con una mentalità che non è così semplice da trovare, soprattutto a livello giovanile”.

Una parte dei ragazzi vincitori della Eybl 2017

Parla e si infervora Giovanni, si emoziona perdendosi nei ricordi, sottolinea i concetti più importanti, quelli più cari ad un allenatore, concetti come mentalità, attitudine, etica del lavoro; fa sorridere quante volte ripete “sono stato fortunato”, “ho avuto il privilegio di”, come se le sue capacità contassero poco.

Restio ai complimenti, si imbarazza a ripercorrere le tappe di quei quattro anni: head coach dell’Under14 campione d’Italia a Bormio 2017, assistente dell’Under15 campione d’Italia a Porto San Giorgio 2017, assistente dell’Under18 campione d’Italia a Montecatini 2018, assistente in serie B con la conquista dei playoff, head coach in C Gold con la Fortitudo Roma, squadra che collabora con la Stella, dove ha allenato un campione come David Hawkins, una European Youth Basketball League a Riga 2017.

Scudetto Under 14 - Bormio 2017

“La Stella Azzurra è stata un’avventura che ha cambiato la mia vita: un ragazzo partito dal niente, in una città in cui il basket di alto livello non esiste, fa un percorso di quattro anni ed arriva in Serie A. Un po’ come fare una specializzazione, parti stagista e finisci professionista. Ho avuto esperienze che un allenatore si sogna per tutta la vita, ma è comunque un punto di partenza”.

L'incredibile 2017 di Giovanni: due trofei italiani ed uno europeo

Il punto di arrivo lo sappiamo tutti, la chiamata di Andrea Conti nel 2018, la trattativa concretizzata comunque, nonostante l’addio dell’ex Gm Vanoli, l’approdo a Cremona come head coach dell’Under18 e della Sansebasket in C Gold; “avevo bisogno di qualcosa di davvero stimolante per andare via da Roma e l’ho trovato a Cremona, in una società seria gestita come un’azienda a conduzione famigliare, con un ambiente tranquillo dove si fanno le cose per bene. La Vanoli è una società lungimirante, che fa un passo alla volta evitando di esporsi a rischi inutili ma gestendo alla perfezione le risorse a disposizione; quello che sto facendo a Cremona è esattamente ciò che volevo fare in questo momento della mia vita, ovvero lavorare con dei ragazzi che sono all’ultimo step prima del professionismo, insegnare loro cose evolute che li preparino a ciò che li aspetta davvero”.

Scudetto Under 18 - Montecatini 2018

Tra sogni ed ambizioni, c’è la sua straordinaria lucidità: “adesso come adesso sono esattamente dove voglio essere. Non sono un arrivista, chiaramente ho delle ambizioni ma non si traducono in fissazioni, amo allenare, che sia il più grande talento o l’ultimo degli scarsi io ci metto la stessa passione ed energia; la realtà è che ho 29 anni, sono in un club straordinario ed ho la possibilità di fare della mia più grande passione il mio lavoro, cosa posso volere di più”?

La prima stagione da head coach della Sansebasket

Un vulcano di energia, caciarone e simpaticissimo fuori dal parquet, serio e scrupoloso sul lavoro, educato e con la testa sulle spalle: “sono grato ai miei genitori, se sono quello che sono è grazie a loro. Sono cresciuto in una famiglia sana, con la mamma che era sempre dalla parte degli insegnanti e degli allenatori, ho preso qualche sberla ma mi hanno tirato su con i valori giusti, mi hanno insegnato ad essere sempre umile, educato e rispettoso; oggi purtroppo non è così, mi scontro spesso con atteggiamenti sbagliati ed ogni volta ringrazio silenziosamente mamma e papà per l’educazione che mi hanno dato”.

La famiglia Baiardo al completo: Alberto, Giovanni, Luciana e Marco

Si dice sempre che “il mondo appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni” e chi se non Giovanni ci ha creduto?
Vai Gio, il mondo è tuo.

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