LA STORIA SIAMO NOI Mario Montorfano si racconta...e racconta la Cremonese (6° puntata)
- di: Alexandro Everet
- Pubblicato: Venerdì, 01 Maggio 2020 17:03

La storia siamo noi diceva De Gregori. Niente di più vero. La storia siamo noi, la storia la fanno le persone, con la loro umanità. Vale in tutti i campi e vale anche nel calcio. La storia siamo noi per la Cremonese vuole dire tutte quelle persone che negli anni hanno saputo farla grande, mettere anima e corpo in una passione, in campo e anche fuori dal campo.
Da oggi ricostruiremo insieme (a puntate perché è molto lunga) la storia di uno di questi personaggi che tutti conoscete: Mario Montorfano. Uno dei più grigiorossi fra i grigiorossi. Sarà anche l'occasione per ricostruire, insieme a Mario, uno spaccato della Cremonese dei suoi anni, di quella umanità che ha saputo farla grande. Rivivere la storia di una società e degli uomini che l'hanno fatta attraverso l'esperienza di un giocatore (poi allenatore).
LE PUNTATE PRECEDENTI:
LA STORIA SIAMO NOI Mario Montorfano si racconta...e racconta la Cremonese (1° puntata)
LA STORIA SIAMO NOI Mario Montorfano si racconta...e racconta la Cremonese (2° Puntata)
LA STORIA SIAMO NOI Mario Montorfano si racconta...e racconta la Cremonese (3° puntata)
LA STORIA SIAMO NOI Mario Montorfano si racconta...e racconta la Cremonese (4° puntata)
LA STORIA SIAMO NOI Mario Montorfano si racconta...e racconta la Cremonese (5° puntata)
Il 1989 segna il ritorno in serie A.
"C'era un atmosfera particolare perchè l'Italia aspettava di organizzare i mondiali l'anno dopo. Per me era il secondo anno di A, come sempre abbiamo fatto il ritiro a Spiazzo. L'allenatore era nuovo, Tarcisio Burgnich. Era una persona molto riservata e che ho sempre rispettato perché era serio e coerente. Dopo la zona di Mazzia, passato all'Udinese, con Burgnich siamo tornati a marcare a uomo. Ricordo sul mercato il ritorno di Bonomi e del giovane Ferraroni ma anche l'arrivo di giocatori importanti. In primis Dezotti, 25enne attaccante della Lazio, ariete e leader, forse troppo irruento ma caparbio e generoso. Ricordo Anders Limpar che con Alviero è il giocatore di maggior talento con cui ho giocato. Lo svedese aveva classe cristallina e tecnica in velocità, anche tanta fantasia. In allenamento era simpatico perchè anarchico, per la disperazione di Busi. E' arrivato poi Neffa, giocatore di importanti qualità tecniche e molto rapido ma anche molto giovane: nelle partitelle ci tirava matti ma alla domenica forse per l'emozione non rendeva. Infine ricordo con piacere l'esordio dal vivaio di Dario Marcolin e Beppe Favalli: molto bravi, Favalli era impressionante per sicurezza, eleganza e personalità, aveva 18 anni ma ne dimostrava già 30 come personalità"
Come andò il campionato?
"Debuttammo a San Siro contro l'Inter campione d'Italia. Perdemmo 2-1 con un rigore di Fabricatore inventato per un intervento presunto su Serena (Montorfano è un signore, noi ci sbilanciamo e diciamo che fu totalmente inventato). Citterio e Rampulla furono espulsi, andò in porta Dezotti poi entrò Violini. Favalli fece subito un buon esordio"
Un avvio traumatico.
"La partenza fu in salita ma ricordo volentieri il bel pareggio col Napoli di Maradona sul neutro di Monza e soprattutto la grande vittoria sul Milan di Sacchi 1-0. Io marcavo Van Basten che nonostante la sconfitta mi regalò la maglietta. A Bologna Limpar segnò un gol da posizione impossibile, bellissimo. Molte partite le perdemmo di misura, dopo la vittoria con l'Ascoli ci siamo rilanciati ma poi l'incredibile sconfitta in casa con la Roma su rimessa laterale errata di Favalli ci ha affossato. Chiudemmo con rammarico perchè la squadra aveva potenzialità per salvarsi ma non ce la fece. Si distinsero Dezotti, Limpar, Rampulla e Favalli"
Come andò sul piano personale?
"Giocai 26 partite, affrontando gente come Van Basten, Voller, Balbo, Pasculli e altri: gente fortissima. Sono avversari stimolanti, ti fanno dare il meglio"
L'estate fu particolare.
"Sì, Mazzia passò al Brescia e mi chiamò. Sarei stato titolare e aveva portato là altri ex compagni come Merlo e Citterio. Fui onestamente indeciso ma mi dispiaceva troppo lasciare Cremona. Da anni avevo un rapporto pulito e sincero con città e dirigenza, alla fine rimasi. La presenza dei dirigenti fu decisiva"
Parliamo di loro.
"Erano persone fuori dal comune. Tu andavi al campo e ne trovavi tanti, Monfardini, Carletti, Lanzoni, Restivo, Tansini, Triboldi, De Scalzi...vivevano la Cremonese tutta la settimana, non solo il giorno della partita. Parlavano rigorosamente in dialetto. Parlavano con tutti, giocatori, medici, massaggiatori, tastavano umori e gestivano problematiche. Era una società presente ma anche una famiglia. Voglio ricordare Eraldo Ferraroni, padre di Ettore, poche parole ma concreto. Bastava un suo sguardo per capire cosa pensava, attento a livello economico perchè non si facesse il passo più lungo sulla gamba (un nostro piccolo omaggio a Eraldo La dedica ad Eraldo Ferraroni: abbiamo cercato la foto e alla fine l'abbiamo trovata....). Impossibile non citare il vulcanico Miglioli, il più presente. Arrivava al campo sul furgoncino dell'azienda e in camice bianco, reduca magari da una consegna, ci teneva a stare con noi sempre, anche per pochi minuti. Erminio è un caso a parte: cuscinetto fra società e squadra, sdrammatizzava tutto, sempre ottimista, dialogava con tifosi e giornalisti, gestiva le pressioni. Aveva un sorriso e una pacca sulla spalla per tutti ma era estremamente competente. Luzzara...lui era sempre presente, riservato e garbato. Più volte ha dichiarato di essere incompetente ma era innamorato dei gesti tecnici di Mondonico e Chiorri. Quando parlai del Brescia con Erminio in due parole mi convinse a rimanere: Cremona ormai era la mia città"